Quando ci si avvicina al mondo della fotografia è inevitabile trovarsi davanti alla scelta tra i formati raw, hdr e jpeg. Cosa sono e come li possiamo utilizzare? In questo articolo proverò a spiegare brevemente le caratteristiche principali di ogni formato e quale ci conviene scegliere per i nostri scatti.

I display e l’occhio umano

La quasi totalità dei display, siano essi monitor per computer, televisori, display dei tablet o altro, utilizza un sistema a 24 bit.

Per i non addetti ai lavori questo significa che per ogni componente dei colori base (rosso, verde e blu, meglio noti con la sigla RGB) si utilizzano 8 bit che producono fino a 256 intensità diverse. Con un po’ di semplice matematica risultano un totale di circa 16 milioni di colori visualizzabili e fino a 256 livelli di luminosità.

Per l’occhio umano tutti questi colori sono più che sufficienti per vedere una immagine che rispecchia i colori reali della scena ripresa. Essendo sufficienti è stato deciso che questo sarebbe stato lo standard, perché aumentare il numero di bit totali (e quindi il numero di colori visualizzabili) avrebbe significato un aumento considerevole dei costi, senza dimenticare il fatto che una delle unità fondamentali nell’informatica è il byte, composto appunto da 8 bit.

Sebbene il numero di colori sia sufficiente per visualizzare una foto senza problemi, la luminosità ha una campo un po’ ridotto e questo può portare ad avere facilmente aree sovra o sotto esposte.

Dopo questa premessa, vediamo le caratteristiche dei formati raw, hdr e jpeg.

Il formato jpeg

Sicuramente è il formato più diffuso. Fotocamere, smartphone e qualunque altro dispositivo in grado di catturare immagini utilizza il formato JPEG come impostazione predefinita.

Il vantaggio principale di questo formato è la possibilità di comprimere qualunque immagine in un file di dimensioni ridotte, pur mantenendo un rapporto accettabile tra lo spazio occupato e la qualità ottenuta.

Lo svantaggio è che se si esagera con la compressione la qualità può dimentare davvero pessima. Potete vedere nell’esempio qui sotto di cosa sto parlando:

Confronto tra diversi livelli di compressione jpeg.
La prima foto ha una buona qualità perché compressa poco. Il file occupa circa 1MB.
La seconda foto ha una compressione media e si possono notare dei difetti. Questa occupa circa 200KB.
L’ultima foto ha una qualità decisamente bassa, ma occupa soltanto 53KB
.

Buona parte delle foto che visualizzate su internet, ad esempio su Instagram o Facebook, ma anche nelle gallerie di immagini sul mio sito come questa, sono in formato JPEG.

Essendo stato studiato proprio per l’utilizzo informatico, questo formato utilizza lo standard RGB a 24 bit, per cui è perfetto per le immagini da mostrare su qualunque display.

Il formato HDR

Come accennato nella premessa, avere solo 256 livelli di luminosità può facilmente causare sovra o sotto esposizioni in certe aree di una fotografia. Per ovviare a questo inconveniente si è inizialmente pensato ad un metodo che potesse fornire più informazioni di luminosità unendo diverse foto dello stesso soggetto variandone l’esposizione.

Così è nato il formato HDR (high dynamic range). Si fanno più foto , si allineano perfettamente e poi si sommano i valori RGB di ogni punto. Il risultato è una foto che può contenere anche migliaia di livelli di luminosità.

Purtroppo non sempre si riescono ad allineare perfettamente le immagini. Essendo riprese in tempi diversi, se ci sono parti in movimento non è più possibile comporre correttamente le foto.

Il secondo problema è che non si può visualizzare una foto di questo tipo su un display normale. Per questo motivo si esegue una operazione sulla foto chiamata “tone mapping”.

Tramite questa operazione si riporta l’immagine ad avere solo 256 livelli di luminosità, ma facendo in modo di mantenere i dettagli sia nelle zone più chiare che in quelle più scure, di fatto evitando di avere le zone sovra o sotto esposte. Vediamo un esempio:

IL formato HDR e il tone mapping
Nella prima foto piccola si nota che i dettagli delle nuvole si vedono chiaramente, mentre quelli in ombra sono completamente neri. Passando alla seconda e alla terza foto si può vedere come la situazione si ribalti, avendo nell’ultima degli ottimi dettagli degli alberi in primo piano, ma un cielo completamente bruciato.
Il risultato della creazione di una foto HDR elaborata con tone mapping lo si può vedere nella foto grande, dove tutti i dettagli, sia del cielo che degli alberi sono ben visibili.

Una nota importante: da alcuni anni HDR è diventato sinonimo di tone mapping. Sia nelle fotocamere che negli smartphone trovate un’opzione denominata HDR, ma quello che ottenete sono delle singole immagini in JPEG. Infatti è il dispositivo che si occuperà di scattare più foto, unirle ed effettuare il tone mapping.

Questo formato generalmente ha una tipo di compressione cosiddetto lossless, che non comprime molto il file, ma non comporta perdite di qualità.

Il formato RAW

Da quando sono nate le prime fotocamere digitali, i produttori hanno cercato dei metodi per ottenere foto sempre migliori. Questa ricerca ha portato alla creazione di sensori in grado di catturare più livelli luminosi rispetto ai classici 256.

Al giorno d’oggi i sensori delle fotocamere hanno 12, 14, 16 o anche più bit per ogni componente colore, aumentando di fatto i livelli di luminosità che vengono registrati.

Vi suona familiare?

Si, il formato RAW è essenzialmente un formato HDR, con la differenza che non è creato partendo da più immagini, ma è frutto di un singolo scatto. In questo modo non esistono problemi di allineamento e si possono avere informazioni sufficienti per eliminare o almeno ridurre le sovra e sotto esposizioni.

Inizialmente le fotocamere eseguivano il tone mapping sulle immagini registrate dal sensore e fornivano solo il file jpeg come risultato. In seguito i produttori di fotocamere si sono resi conto che fornire anche l’immagine grezza registrata dal sensore poteva essere un caratteristica molto apprezzata e quindi l’hanno resa disponibile ai propri utilizzatori.

Ovviamente ogni produttore di fotocamere ha scelto di creare un proprio standard per il formato RAW, ma ormai i programmi di grafica che gestiscono questo formato sono in grado di leggerli tutti.

Anche in questo caso la compressione del file non comporta il degrado dell’immagine e non essendoci passaggi intermedi (la sovrapposizione di più immagini che di solito sono in formato JPEG) avete la migliore qualità possibile.

Quale formato scegliere?

La scelta è in abbastanza soggettiva. Lascio da parte il formato HDR, perché difficile da realizzare ed ormai superato dal formato RAW.

Il formato JPEG è estremamente comodo perché è già pronto per essere pubblicato o anche stampato. Al massimo si potrebbe scegliere di effettuare qualche correzione sul colore o sul contrasto, ma in generale si può pensare di non elaborare nulla.

Il formato RAW per contro necessita sempre di una regolazione se volete pubblicarla su internet o stamparla. Alcuni sistemi possono visualizzare questo formato, ma è una operazione di tone mapping effettuata in automatico e non è detto che sia quella giusta per le vostre foto.

Il grosso vantaggio è, come descritto in questo articolo, la possibilità di gestire al meglio le differenze di luminosità e ottenere così foto molto dettagliate sia nelle zone più luminose che in quelle in ombra.

Esistono diversi programmi per elaborare le immagini in formato RAW. Tra questi il più noto è probabilmente Lightroom. Inizialmente utilizzavo solo Affinity Photo, più che altro perché oltre ad essere molto buono non è ad abbonamento, al contrario dei prodotti Adobe.

Attualmente ho cominciato ad usare Capture One, perché soprattutto con le immagini RAW delle Fujifilm ha una qualità davvero ottima. Al contrario di Affinity Photo, Capture One ha anche una sistema di catalogazione per le foto che lo rende un software veramente ottimo.

Se non avete grosse necessità di fare post produzione dei vostri scatti direi che la scelta migliore sia il JPEG, ma se volete un controllo totale dell’immagine dovrete per forza utilizzare il RAW, mettendo in conto che la post produzione sarà obbligatoria per poter pubblicare i vostri lavori.

Un altra cosa da considerare è lo spazio occupato dalle immagini RAW che è molto maggiore rispetto alle foto in JPEG. Dovrete quindi trovare un buon metodo per archiviare le vostre foto.

Fatemi sapere quale formato preferite commentando questo articolo!


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2 Comments

  1. Grazie, articolo semplice ma molto esauriente, ideale per chi si approccia per la prima volta all’argomento

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